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Segni Magici

Modelli virtuosi

Parole in libertà? Non servono proprio, perché subito sarebbero equivalenti a povertà estrema d’idee. E accanto appaiono superflui i lunghi, spesso inutili e sempre noiosi pronunciamenti sull’arte, le righe che si affastellano, si comprimono una sull’altra. E’ qui invece il tempo del nitore, della semplicità, del saper vedere. Ossia del gustare in pieno la sapienza del comporre, la linea che avanza imperiosa o suadente, il colore che canta, la parentela tra luci e ombre e loro dissonanza, l’incisione in cavo, calcografica o in rilievo, le matrici metalliche graffiate, il corpo su cui agire estratto dalla materia, tecniche che si assommano per dar luogo alla creatività. Questa mostra è il seguito della Biennale d’arte grafica contemporanea Premio Diego Donati che illustrò le pareti del Cerp, gli spazi ampi e risonanti della Provincia alla Rocca Paolina, durante le festività dell’anno scorso, un modo sensibile, quasi di augurio, per il vecchio che tramontava e il nuovo che giungeva a spron battuto. Oltre al lotto consistente dei maestri, fuori concorso, da lì sono usciti i vincitori e i segnalati, anche se giustamente tutti i partecipanti siano stati accomunati dalla limpida volontà dell’operare e dai risultati raggiunti da orizzonti diversi. Primo premio a parte, al secondo e al terzo arrivati, Valerio Niccacci e Michele Santi e ai dieci degni di una dedica speciale è stata offerta l’opportunità di una rassegna, bella e significativa. Questa, per l’appunto.
Il visitatore si soffermerà davanti alle opere che sono finestre aperte sull’animo dell’autore, riflettono sogni e concretezza, musica e poesia, silenzi e abbandoni, mondi solitari e costellazioni frementi, realtà interpretate, rivissute e dunque sostanzialmente fresche e ingressi nei cieli dell’astrazione. E si deve rammentare che l’artista grafico è probabilmente il più solitario di tutti, chiuso nel suo studio davanti alla superficie dove condensare il pensiero, riassumere il gesto, la forza, l’imperio della sensibilità. Accanto a protagonisti che molti visti hanno sul passaporto estetico si accampano giovani o giovanissimi, spesso usciti dalla fucina dell’Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci. Bravura innegabile, ed è scontato. Ma soprattutto fiorire di idee nel crogiuolo della mente, forme alchemiche trasformate in verità, guizzi sicuri verso verità personali. Da segnalare il fatto per riceverne immediata gratificazione: molto si muove nel settore specifico, parecchio si è mosso, e non è solo entusiasmo ma sodi argini creativi.
Dal lessico di quanto esposto variegate immagini si levano: Alice in Wonderland, natura e tronchi dalle aspre rughe, il mare che mai si quieta, il Don Chisciotte capace di volare con le ali della fantasia, la surrealtà di Selene, le stelle narratrici di notti intessute di vanità, un omaggio a Redon così denso da divenire pretesto
intellettuale a tutto vantaggio della forte originalità espressiva, linoleografie tanto distillate da essere costante punto di riferimento, puntesecche di vigore insolito, aggrumate zone scure e percorsi dinamici, le grandi città anticamera di miraggi, illusioni e stentoree consistenze e segni errabondi a mo’ di onde celesti, realizzazioni distillate, intense, sulfuree.
La rassegna con i suoi profumi, gli archetipi ideali, le tensioni, le geometrie erranti, va alla ricerca del punto fondamentale, della nascita dell’Io. Ci sono riusciti, eccome, gli artisti di lunga milizia o quelli di fresca e nobilitante carriera. Complimenti!

Mimmo Coletti

 

Sandro Scargetta – Quiete umbra

Questo è un canto lontano e una memoria che non si spegne. Eccole qua in generosa disposizione, le incisioni di Sandro, di Sandro Scargetta, che era un amico dal cuore generoso e un artista vero che ha attraversato il tempo suo come una meteora rapida ma ha lasciato l’orma, incancellabile e profonda. Sono pagine su cui ha liberato, in un’urgenza e in una gioia di sapore quasi profetico, il suo senso preciso dell’espressione, attento al particolare, al momento conosciuto o semplicemente immaginato, al fiorire della terra, alla figura amorosamente studiata, alla traccia dell’uomo, dunque alla storia, e al variare delle stagioni. Segni forti e carezzevoli insieme _ e questo non appaia una contraddizione _ innesti di colori ramificati e stupefatti per dettare l’eco interiore, la musica che viene da lontano e ti accompagna lungo gli anni, il bianco e il nero trasformati in riassunto d’ogni virtù estetica, luce e ombre, trame sottili, vibratili. Sandro aveva avuto frequentazioni illustri e sapienti, capaci di dettargli la tecnica del comporre e di inseguire il suo ideario mentale senza preconcetti, imposizioni di facili mode: padre Diego Donati su tutti, maestro di celesti e timbriche armonie, e Filippucci e Giovagnoni. Era stato assistente di Dottori, aveva trovato la sua strada maestra accanto a quella silenziosa e magnifica della mano tesa verso il prossimo. Uomo limpido, e questo tutto dice e rivela. Grafico ricco di virtù nel parlare del mondo, quello vicino o l’altro più geloso, visto con i battiti del cuore, l’uno e l’altro sbocciati con il dono esclusivo della sintesi perfetta. Il ricordo fa intristire, probabilmente, ma sfogliare di nuovo le sue opere diventa una calma felicità che si credeva perduta. Qui è l’eredità di Sandro, da leggere tutta con piacere enorme. E la lacrima nascosta si trasforma in sorriso.

Massimo Coletti

 

Walter Briziarelli – Paesaggi dell’anima

Walter Briziarelli (1913-1975) è artista di grandi ed evidenti estri e questa mostra dedicata al piccolo formato e ad alcune composizioni di soggetti sacri, sofferti e martellati, lo sottolinea ampiamente.
Perugino schiettissimo, collaboratore ricco di satira pungente ai mitici “Tramontana” e “C’impanzi?”, intellettuale raffinato, ha riordinato assieme al professor Umberto Calzoni il museo archeologico e ha documentato il suo lavoro con una guida straordinaria, dove si uniscono disegno, colore e classificazione scientifica.
Docente di Disegno Geometrico all’Istituto d’arte perugino, nel 1956 avvia la feconda stagione della pittura, intessendo una fitta trama con le espressioni estetiche d’avanguardia ma restando sempre solidamente personale. Sono esposti paesaggi dolomitici soprattutto, con l’amato Cadore rivelato nei suoi segreti, e poi quali appunti di un viaggio dell’anima – vero breviario laico dell’esistenza – natura, prospettive, scorci di città e campagne: la rassegna, così esclusiva, raccoglie opere realizzate in una quindicina di anni con un nitido variare di emozioni dettate dal cuore.
Tutto da ammirare con intenso stupore.

Mimmo Coletti