Scritti

…. E mi pareva che un frate, nella sua cella, non avrebbe potuto scegliersi un mestiere meglio rispondente alla propria vocazione di quello dell’incisione in legno: pulito, silenzioso, assiduo nell’impegno di vincere la dura materia, fiducioso nell’attesa di una rivelazione che solamente il torchio può dare. (1957)

Piero Bargellini

… In un tempo come il nostro, che è contrario alla pazienza e incline piuttosto al cattivo esempio della improvvisazione, Egli ha il culto del mestiere come antico.
Conosce a fondo la tecnica dell’acquaforte, ma non ne abusa, per ottenere quei falsi effetti che non raggiungono quasi mai intensità di poesia. C’è in lui un felice incontro tra sentimento della tradizione e i modi espressivi nel campo della grafica di avanguardia.
Il suo tratteggiare crea un ordito attraverso il quale traspare con intensa vibrazione luminosa la veduta.
Queste pietre di Perugia sono veramente scaldate dal sole, quasi un intimo colloquio del quale p. Diego è riuscito ad afferrare tutta la poesia. (1972)

Pietro Parigi

Diego Donati è l’artista dell’atemporalità e della essenzialità.
Atemporalità che non significa essere fuori del tempo e della storia: tutt’altro.
… Le sue case, i suoi agglomerati urbani, i campanili sono senza fronzoli: quasi ridotti a schema. (1976)

Gianmaria Polidoro

I risultati dell’infaticabile attività artistica di Diego Donati si impongono per l’eccezionale trasparenza del segno che qualifica la volumetria delle composizioni stesse. (1983)

Bruno Dozzini

… Ad orientarlo verso la sua più matura visione è stato certamente l’incontro con l’opera grafica di Giorgio Morandi, … E giova insistere sulla differenza profonda tra l’arte di Morandi, nella quale oggetti e natura sono presenti per la creazione di una realtà metafisica tessuta su puri valori tonali, e quella di Diego Donati, nella quale invece il dato reale è sempre presente, e tutto lo sforzo espressivo è teso a cogliere nel mondo che ci circonda gli elementi di una bellezza godibile, eletta e rasserenante, quasi istituendo una tacita equivalenza tra la creazione divina della natura e la creazione umana della città. (1984)

Alessandro Marabottini

… Nulla si concede alla retorica nel definire padre Diego come un faber industrioso e un mistico del Novecento, un indagatore avveduto ed un francescano con tutti i caratteri splendidi dell’Ordine: tanto che nella sua opera si uniscono le voci più diverse – il paesaggio, la città, l’iridescenza della vegetazione, la calma del lago, i reperti dell’antico, le tracce della storia – unificate però dal calore del religioso, dalla nitida partitura degli spazi cartesianamente serrati attorno all’assunto centrale di glorificazione di Dio in terra, dalla luce che suggella e delimita, bagna ed esalta, rivela ed ammanta l’esistente. (1984)

Mimmo Coletti

Il messaggio dei segni e del colore di padre Diego è quello della dolcezza della terra umbra. (1984)

Massimo Duranti

… Ma la completa padronanza della materia, che già abbiamo imparato ad apprezzare nelle sue acqueforti, padre Diego la raggiunge, a mio avviso, nella serie delle acquetinte del Lago Trasimeno eseguite tra il 1977 ed il 1982. In queste incantate vedute di lago, le larghe campiture cromatiche segnano, con una sintesi perfetta, i volumi ed i piani su cui vibra una luce fulgida e limpida, che ha il compito di ricreare il magico scintillio dell’acqua, di svelare il più piccolo particolare, ma anche di dilatare la geometria del paesaggio riportandolo in una dimensione atemporale. (1984)

Caterina Zappia

… Possiamo ben dire, senza ombra di dubbio, che il Suo insegnamento ha oltrepassato i confini dei più sperduti e lontani paesi, facendo così arrivare ovunque anche la voce della nostra città e della nostra terra. (1986)

Letizia Quattrocecere Miletti

… fino a qualche tempo fa non era raro incontrarlo negli angoli suggestivi degli antichi borghi, intento a fissare a penna, sul foglio, le immagini destinate ad essere trasferite sulle lastre di stampa, oggi sempre più a lungo egli se ne sta, attivissimo ed ospitale, nel suo studio monastico, (1988)

Roberto Abbondanza

Non potrei pensare alla mia casa senza le acqueforti di padre Diego Donati: finestre in ogni momento aperte su volti della città da Lui intensamente amati, e attraverso lui da me.
E non posso guardare Perugia senza immediatamente tornare a quei volti, a quei colori, a quelle luci e ombre a un tempo delicate e taglienti. Sintonia con l’artista. Con la sua e mia città. (1995)

Gianfranco Maddoli

… Tra i molti incisori che nel tempo si sono dedicati a vario titolo alla veduta dobbiamo annoverare anche padre Diego, in ordine di tempo fra gli ultimi, ma non certo per la qualità del suo lavoro; primo però per le vedute dedicate a Perugia, come già rivelava Marabottini nel 1984. Siede tra coloro che con dignità si sono applicati alla sottile quanto difficile arte del vedere, inteso si badi bene come processo dell’esaminare con gli occhi, cercare con gli occhi, restituendoci non uno sguardo sapiente e accattivante su tutto quello che sappiamo o possiamo percepire con gli occhi, ma una ricerca più profonda, di diverso e assai più complesso respiro. Riscontriamo così nella sua produzione artistica una chiara sintesi che si attua attraverso un linguaggio espressivo proprio, originale, unico nel suo genere, fuso ad un sentimento del guardare che deve essere inteso appunto, come un considerare con la mente più che fatto essenzialmente percettivo e che possiamo comprendere solo a patto di disporci amorevolmente ed umilmente dal suo stesso punto di osservazione e di ricerca e solo se decidiamo di vedere per una volta non con i nostri, ma con i suoi occhi. Questo ci permetterà di condividere le scelte, i suoi alti risultati e la serena quanto profonda gioia che tutta la sua opera comunica.
La gioia è infatti una costante nella produzione di padre Diego, una qualità intrinseca del suo fare, un risultato presente in ogni lavoro; coincide perfettamente con la speculazione artistica che sottende alla sua opera, la molla interiore, il motore, il cuore, la perfetta letizia; non si tratta certo della gioia esplosiva, febbricitante, eccitante del piacere che oggi si ricerca spesso ed inutilmente nel guardare, inteso questa volta come vagare dello sguardo senza riferimenti, ma della gioia consapevole, salda, forte, che si basa su un’unica verità che ci sovrasta, ma che sembra dimenticata o quanto meno appartata nel mondo odierno: Dio ci ama! E Padre Diego ha impegnato in umiltà l’intera sua vita per raccontarci come. E il suo cuore è venuto naturalmente, così come naturalmente ci affacciamo in un giorno di primavera dal balcone o da una finestra.
Entriamo dunque da quella finestra del convento di Monteripido e a ritroso ripercorriamo l’esperienza dell’incisore, ma anche del maestro pronto a donare se stesso e il suo lavoro a tanti affezionati allievi e scopriremo innanzi tutto il cuore di un poeta innamorato di Dio e della vita. Padre Diego è artista per passione propria, per impulso. …

Fabio Fiorani