Ascolta, è il canto del vento di corte primavere, la musica che piove dalle stelle nelle notti di piena estate, i tanti e sottili e mai inquietanti fruscii che la natura sa donare a chi ha fede nel Piccolo Popolo e discorre con elfi, fate e leprecauni quando l’arcobaleno nasconde una pentola piena d’oro. Gentilezza, garbo, tratto sicuro, occhio addestrato a catturare la sintesi della bellezza, facoltà propria di quei pochi che tutto hanno compreso, sono qui, in queste pagine d’artista. Perché Marisa Piselli sa dialogare senza parole con la natura, cattura l’attorta sinuosità di un albero, simbolo della creazione, interpreta la poesia del monumento, della storia, dell’angolo di cielo e di terra abitato da esseri in volo. Ha una dote esclusiva, saper narrare le intime vibrazioni raccogliendo spunti, momenti, attimi fuggenti che spesso entrano nella soffitta dei ricordi. Eppure in questo caso è diverso, la raccolta di opere introduce a un viaggio nella vita, nei tornanti del tempo, in episodi sgranati e trasformati in recinti ricchi di risposte, limpidamente incalzanti quasi corale bachiano.
Marisa, però, rivela se stessa, la forza della sua fragilità, ad altri si rivolge che abbiano la stessa temperatura intellettuale. Soprattutto è autrice vestita di silenzio, di commossi ripiegamenti, di raffinati innesti della tavolozza con i colori che si piegano riverenti quasi ad adornare il ballo delle figure e di un fiorire di segni intersecati e fitti per ottenere una grafica superba, così densa da essere personalissima. Verdi, azzurri che mormorano, rosa trascoloranti, la trama della luce e dell’ombra, la massa degli scuri a far da contrappeso alle chiarità improvvise. Alla fine del periplo attorno all’arte di Marisa si resta appagati per non dir stupefatti: l’approdo è all’Isola del Tesoro.
Mimmo Coletti